venerdì 14 febbraio 2025

 


Ieri ho sentito al telegiornale che sempre più giovani italiani espatriano, anche non laureati, e che questo si traduce in un problema per le imprese italiane che non riescono a trovare personale da assumere. La notizia si rifaceva al rapporto presentato al CNEL nell'ottobre dello scorso anno (reattività eccezionale) di cui riporto il link qui di seguito.

https://www.cnel.it/Comunicazione-e-Stampa/Notizie/ArtMID/1174/ArticleID/4378/PRESENTATO-AL-CNEL-IL-RAPPORTO-GIOVANI-ALL%E2%80%99ESTERO#:~:text=Il%2035%25%20dei%20giovani%20residenti,alta%20(17%2C1%25).

Mi sento di fare una riflessione da uomo della strada.

Ormai abbiamo dato per scontato che il modello della domanda e dell'offerta sia quello da adottare. Se, putacaso, decido di acquistare un appartamento, è universalmente accettato che io non pagherò quell'appartamento un prezzo stabilito in base al costo dei materiali utilizzati più il costo della mano d'opera, bensì in base alla richiesta di appartamenti confrontata con la disponibilità degli stessi.

Allora io mi chiedo, perché non debba avvenire lo stesso con il mercato del lavoro. Se le imprese non riescono a trovare personale da assumere, forse è perché la domanda è superiore all'offerta e quindi, forse, dovrebbero proporre condizioni d'ingaggio più allettanti e non solo in termini economici (ad esempio orari ridotti, facilitazioni logistiche e sociali o benefit di vario genere). Invece le imprese cercano personale, ma propongono posizioni da tirocinante con solo un rimborso spese (da fame) oppure contratti a termine senza nessuna garanzia per l'occupato.

A mio parere le imprese non dovrebbero limitarsi a piangere, ma fare qualcosa di concreto per invertire la tendenza.

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