venerdì 26 dicembre 2014

Anziani


Quando un bimbo nasce ha bisogno di tutto, non ha un briciolo di autonomia, non riesce nemmeno ad alimentarsi da solo, per non parlare di tutti le altre necessità.
I genitori si fanno allora carico di sopperire a queste necessità, e lo fanno con gioia, sia perché hanno in prospettiva la crescita del loro bambino e lo sviluppo delle sue qualità e caratteristiche, sia perche sono costantemente appagati dagli evidenti progressi.
Allo stesso modo, quando si diventa anziani, piano piano tutte le varie funzionalità vengono a mancare e l’autonomia si riduce sempre di più fino a diventare pari a quella di un bimbo appena nato.
“Si torna un po’ bambini” recita una frase fatta, spacciata a volte per saggezza popolare.
Nei casi più fortunati I parenti si prendono cura così dei bisogni degli anziani, ma a differenza dei genitori del bimbo appena nato, non c’è gioia nei loro cuori. C’è invece la tristezza di chi sa che ogni giorno sarà peggio, non si aspettano nessun progresso e vedono ogni giorno il loro caro perdere qualcosa che non tornerà.
In queste feste natalizie il mio pensiero va a tutti questi Anziani, ed alle persone care che li assistono. Non ho nessun augurio per loro, perché non servirebbe.

Egoisticamente penso che tra una ventina d’anni, o forse meno anch’io sarò uno di quegli anziani e spero di avere qualcuno che mi abbia amato abbastanza da trovare la forza di starmi vicino.


giovedì 11 dicembre 2014

Un Canto di Natale





Non so se è perché quando diventiamo adulti ci abbrutiamo un po' tutti, ma a volte non ci accorgiamo neanche di quello che facciamo e complici degli elementi di contorno, come possono essere una musica accattivante o un'atmosfera festaiola riusciamo a dire cose inquietanti spacciandole per belle.
Ad esempio una canzone che mi ha fatto sempre impazzire fin da quando sono riuscito a comprendere la lingua inglese è una delle più famose canzoni di natale per bambini, intitolata "Santa Claus is coming to town".
Il titolo farebbe pensare a qualcosa che tutti I bambini attendono per un anno intero, in realtà se prestiamo un po' di attenzione al significato, potremmo concludere che si tratta di un evento che I bambini attendono con "ANSIA" !!!
Il testo della canzone suona più o meno cosi:

Farai meglio a prestare attenzione 
farai meglio a non piangere 
farai meglio a non mettere il broncio 
e ti dirò il perché.

Già così sembra l'inizio di un discorso fatto da un boss mafioso alla persona che sta taglieggiando.

Babbo Natale sta arrivando in città.

Dopo la premessa, come si immaginerà ogni bambino questo Babbo Natale ?
E poi continua così:

sta facendo una lista e la sta controllando due volte 
deve scoprire chi è stato disobbediente 
e chi invece è stato buono 
Babbo Natale sta arrivando in città

Chiunque a questo punto sarebbe colto da terrore e cercherebbe di fuggire da questo evento incombente.

lui ti vede mentre dormi 
lui sa quando sei sveglio 
lui sa se sei stato buono o cattivo 
quindi sii buono, per l'amor del cielo!

Questa per me è la strofa più terrificante. Nessuno ha scampo e non riesce neanche a nascodersi, perché lui sa tutto e vede tutto.

Dormite tranquilli !
Buon Natale

giovedì 16 ottobre 2014

Una storia così



Oggi voglio scrivere una storia che ha a che fare con il bagno del mio ufficio.
In questo bagno, vicino al lavandino, in basso c'è un rubinetto che non ha sotto di se nessuno scarico. Probabilmente nell'idea del progettista doveva servire al personale delle pulizie per riempire I secchi con dell'acqua.
L'inconveniente è che se questo rubinetto, come a volte accade, gocciola, il pavimento si bagna. Qualche persona di ingegno pratico ha così piazzato un secchiello sotto al rubinetto per evitare che le eventuali gocce d'acqua vadano a finire sul pavimento.
Trovandosi il secchiello molto vicino al lavandino, esso è stato scambiato da molti per il cestino dove gettare gli asciugamani di carta usati, così ne è sovente pieno.
A questo punto nasce un altro problema : la carta si inzuppa con l'acqua che gocciola dal rubinetto e la trasforma in una poltiglia. Per fortuna interviene qualcuno che sposta il secchiello di qualche centimetro per evitare che il rubinetto goccioli dentro di esso, così adesso le gocce tornano a bagnare il pavimento.
Morale : sono gli equivoci che fanno la storia !

domenica 21 settembre 2014

Creatività



Forse l’evoluzione del linguaggio deriva anche dall’uso improprio dello stesso. Mi riferisco a tutte quelle volte in cui un vocabolo o dei costrutti vengono usati per descrivere situazioni, oggetti, comportamenti e, purtroppo, anche concetti distanti dal significato proprio del vocabolo che si è usato, se non totalmente opposti.
Recentemente si dà moltissimo risalto ed importanza a quella che viene definita “creatività”, ma a mio parere se ne sta snaturando il significato.
Addirittura oggi si pretende di insegnare la creatività , stabilendo dei canoni e delle regole che alla fine non fanno altro che industrializzare questa cosiddetta creatività, portando alla produzione di artefatti che si somigliano tutti e che hanno pochi o nessuno segni distintivi.
È un po’ la differenza che c’è tra l’artista e l’artigiano. Quest’ultimo infatti è in grado di fabbricare oggetti di pregio estetico, ma ben lungi dal suscitare emozioni come l’artista vero sa fare.
Tornando alle scuole di creatività insomma ,  esse insegnano delle regole di industrializzazione dalle quali solo il vero artista è capace di staccarsi e creare opere in grado scatenare emozioni degne di questo nome.
Io sono una persona fortunata, perché conosco qualcuno di questi veri creativi.
Penso questo sia il motivo per cui oggi c’è una crisi generale dell’arte. Pittura, scultura, musica, letteratura, teatro, cinema, pullulano di individui che mettendo pedissequamente in pratica gli insegnamenti appresi  (e supportati dalle spalle larghe di qualche finanziatore poco interessato all’arte ma piuttosto ai proventi che possono derivare dalla diffusione di massa di un prodotto industriale) soffocano gli artisti veri che non dispongono degli stessi mezzi.
Per farla breve, per me insegnare la creatività è una contraddizione in termini e dovrebbe essere chiamata in un altro modo (in alternativa potremmo chiamare i veri creativi con un altro nome).

sabato 1 marzo 2014

Il Principio


Era già da un po’ di tempo che ci pensavo,  poi finalmente, grazie ad un “post” di un amico di FB, mi sono deciso a scrivere due parole sull’argomento.
Chiedo all’eventuale lettore di leggere fino in fondo l’articolo, oppure di uscire adesso dalla pagina.
Generalmente si pensa che esista una grande gamma di sentimenti che influenzano il comportamento dell’uomo e non solo (secondo me ne sono influenzati tutti gli esseri viventi). Ebbene io sono fermamente convinto che di sentimento ne esista uno solo. Tutti gli altri non sono che risvolti,  aspetti, sfaccettature, a volte raffinati, a volte maldestri dello stesso. Una sorta di legge universale che governa l’universo che permette che esso non si ripieghi su di se per scomparire.
Qualcuno ha scritto che questo sentimento è l’amore, qualcuno ha scritto che è l’odio. Io ovviamente non sono affatto d’accordo, se presi come principio infatti questi due sentimenti sono troppo nobili per poter permettere la sopravvivenza del mondo, e presi a se stanti apparirebbero anche ridicoli. Diverso è il discorso se li consideriamo come una vista, da particolari angolature, di qualcosa di molto più universale.
Ebbene, il sentimento a cui sto pensando è l’Egoismo.
Ad ogni individuo, in quanto tale, sta a cuore solamente il proprio tornaconto, e quando un’apertura agli altri esiste, questa scaturisce dalla consapevolezza che in alcuni casi, tanti per la verità, le aggregazioni possono aumentare le possibilità di successo di ogni singolo.
Qui potrebbero partire gli esempi, Infiniti, ma mi limiterò solo ad pochi accenni, per due motivi: l’argomento è così vasto, che meriterebbe un trattato, ma non ho nè il tempo, nè la voglia (ne la capacità) di scriverlo adesso; non voglio annoiare l’eventuale lettore che fino a qui ha avuto la pazienza di leggere.

La riproduzione, altro non è che il tentativo dei singoli geni organizzati nel DNA di non morire. Tra gli esseri posti sui gradini più alti della scala evolutiva, la riproduzione, condita con una serie nutrita di più o meno utili orpelli viene chiamata “amore”.

L’altruismo, nella migliore delle ipotesi scaturisce dal tentativo di ottenere una autogratificazione personale. Se l’altruista è anche cristiano, spera così di guadagnarsi un punticino per la conquista del Paradiso. Se poi è anche narcisista, si procura in tal modo la soddisfazione causata dall’ammirazione degli altri.

L’amicizia, nasce dalla consapevolezza che da soli è più difficile perseguire i propri obiettivi.
Le amicizie disinteressate nascono almeno dall’esigenza di trovare un appoggio morale lungo l’aspro percorso quotidiano.

Mi fermo qui, per adesso. So che qualcuno non sarà d’accordo, ma siccome sono un egoista primitivo, non mi importa più di tanto.

martedì 11 febbraio 2014

Quando l'ultimo uomo morirà




Quando l’ultimo uomo morirà 
non ci sarà nessuno che piangerà per lui, 
perché quelli che lo amavano saranno già morti.
Non ci sarà nessuno che dirà una preghiera per lui, 
perché il sacerdote sarà già morto.
Non ci sarà nessuno che farà una cassa per lui, 
perché il falegname sarà già morto.
Non ci sarà nessuno che lo seppellirà, 
perché il becchino sarà già morto.
Allora verranno i cani, 
ne divoreranno il cadavere 
e ne sbraneranno le membra.
Poi anche i cani moriranno.



sabato 25 gennaio 2014

La cosa peggiore è assistere ad una vita che si spegne piano piano


Ci sono persone che ci abbandonano all’improvviso, così, da un giorno all’altro, lasciandoci dentro un grande vuoto ed un dolore quasi fisico che ci fa restare storditi.
Ma la cosa peggiore è per me assistere ad una vita che si spegne piano piano, con una lentezza di decenni.
Giorno dopo giorno ti accorgi di qualcosa che il giorno prima c’era ed adesso non c’è più, ed allora ti volgi indietro per riprenderlo, ma ti rendi conto che non si può, non perché sia troppo tardi, ma semplicemente perché quel qualcosa si è dissolto.
Allora ti aggrappi a quello che resta e te lo fai bastare, anche se in realtà ti manca quello che è andato perduto.
É come vedere un puzzle dal quale ogni giorno si stacca una tessera, disordinatamente.
Dopo un po’ di anni realizzi che l’immagine originale è andata perduta per sempre, ma la figura che resta è lì e continui ad amarla.
Ed aspetti. E non hai più neanche la speranza. Ed ogni mattina ti svegli col timore di vedere spegnere definitivamente quella fiammella che ancora debole brucia.
Tutto questo è la sindrome di Alzheimer.