sabato 12 dicembre 2020

La grande corsa

 

Ormai da ben più di metà del tempo della mia esistenza vivo al Nord, in una pianura padana che nella maggior parte delle giornate, complice una sottile foschia fa credere che il mondo sia tutto così: senza un inizio, ne una fine.

Trapiantato da una Catania operosa, ma stanca, da tutti questi anni, ogni mattina , mi trovo a fare i conti con il mito della velocità.Qui infatti tutto sembra andare veloce. Molto più veloce che in altri posti. Le automobili, i treni, i passanti per strada.

A volte anche il tempo, qui sembra scorrere più velocemente che altrove.

Si potrebbe pensare che tutta questa velocità e tutto questo affannarsi per fare tutto in fretta serva a dare uno scopo alla nostra stessa esistenza, a riempirla di risultati ed, invece, ci sono giornate in cui da quando mi sveglio al mattino, arrivare alla sera è un attimo, mi chiedo che cosa ho fatto nel mentre e mi rispondo: “Niente! Non ne ho avuto il tempo!”.

Forse più che di velocità, sarebbe corretto parlare di competizione. Infatti, a ben vedere, scopro che tutta questa velocità altro non è che finalizzata portare a termine qualcosa prima di qualcun altro.

Al semaforo, quando si accende il verde, cerchiamo di scattare prima della macchina che abbiamo di fianco; agli incroci o alle rotonde cerchiamo di arrivare prima di chi proviene da un’altra direzione per poter passare davanti; al supermercato non cediamo il passo a nessuno, se dobbiamo metterci in coda alla cassa; in ufficio ci affrettiamo a rispondere ad una email prima che lo possa fare qualcun altro; ecc. ecc.. E tutto questo accade senza che ce ne sia una vera ragione, però continuiamo a farlo.

La cosa che in assoluto ci da più fastidio è quando mentre siamo impegnati in una attività, ci succede qualcosa, di imprevisto e non, che possa rallentarne lo svolgimento

A volte presi da questa smania di correre, non ci preoccupiamo neanche di valutare se per raggiungere la nostra metà esistano delle strade più rapide. L’importante è muoversi, agitarsi e correre, correre, correre a perdifiato senza mai voltare lo sguardo, se non per verificare a che punto siano gli altri concorrenti.

Correndo dimentichiamo perfino di chiederci che cosa desideriamo. In tal modo occupiamo la nostra mente ed evitiamo di renderci conto di quanto miseri, piccoli ed insignificanti siamo, credendo che la nostra folle corsa sia quello che possa dare un senso alla nostra vita meschina.

Tuttavia, anche se in un attimo di lucidità ci rendiamo conto di tutto questo, non abbiamo il coraggio di premere il nostro piede sul pedale del freno, per paura di rimanere indietro, di vedere gli altri allontanarsi su una strada di cui non conosciamo il punto di arrivo.

Per paura di scoprire che il panorama è bellissimo.

Ed allora mi viene da fare una considerazione: qualsiasi corsa che si rispetti prevede un premio. Per gli antichi era una corona di alloro, poi piano piano i premi sono diventati sempre più venali fino a fare dimenticare il significato più nobile della parola “sport”.

Mi chiedo quale sia il premio per le nostre corse quotidiane, e soprattutto: siamo sicuri che sia quel premio, ciò di cui abbiamo bisogno ?

Dipinto di Vittorio Fontana (Corsa ad ostacoli)


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